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 Scrivere, scrivere, scrivere: non solo vomito di parole

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Feldia (o Faida?)
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MessaggioTitolo: Scrivere, scrivere, scrivere: non solo vomito di parole   Scrivere, scrivere, scrivere: non solo vomito di parole EmptySab Nov 24, 2012 11:21 am

SINTESI DAL FORUM. SCRIVERE, SCRIVERE, SCRIVERE: NON SOLO VOMITO DI PAROLE. 24 NOVEMBRE 2012. PAG. 14

La conversazione in "Scrivere, scrivere, scrivere: non solo vomito di parole" ha l'obiettivo di confrontarsi su aspetti tecnici della scrittura e nasce con l'invito a confrontarsi sulle regole proposte da Umberto Eco http://illuminationschool.wordpress.com/2012/10/13/umberto-eco-quaranta-consigli-di-scrittura/

Diverse voci si sono espresse a riguardo, confrontandosi sulla necessità di seguire delle regole esterne e sempre valide o delle regole che ciascun autore definisce in base al proprio stile e ai propri bisogni di scrittura.

Riprendendo il documento di Eco, si è discusso circa l'utilità di utilizzare le metafore nei testi e sulle caratteristiche che esse devono avere. Proseguendo, ci si è confrontati sulla adeguatezza del linguaggio da utilizzare nei testi ed in ogni contesto di comunicazione, chiedendosi "Linguaggio forbito si, linguaggio forbito no?". A tal proposito, interessante la sottolineatura emersa rispetto al contesto. In quanto scrittori, si è figli del tempo in cui si vive e lo stile del linguaggio appartiene a questo contesto.

La discussione è proseguita con una domanda: quale reazione ci provoca il fatto di perdere i fogli su cui scriviamo? Tale questione ha condotto al confronto circa gli strumenti di elezione per scrivere (carta, penna, matita, pc, ecc.).

Dunque, è stato ripreso l'argomento dell'ispirazione: cos'è l'ispirazione e quanto il contesto in cui viviamo ci guida quasi plagiandoci nelle scelte di scrittura? (vd. anche topic "La scrittura: una monade fra arti?")

E, ancora, altri nuclei di riflessione hanno riguardato: 1) l'esperienza di scrivere talvolta come se si fosse in trance e la necessità, spesso forzata, di cercare o dare un significato agli scritti; 2) lo scopo per cui uno scrittore scrive; 3) il cambiamento di stile di scrittura che matura con il tempo in relazione al modo in cui cambia una persona.

Cito Ombra (una per tutti) per rilanciare la discussione: "Leggere quello che hai scritto è come guardarsi allo specchio". Questa massima, infatti, ritengo accomuni tutte le questioni rimaste aperte durante la discussione:

- Qual è la relazione tra scrittore e testo? Quando si scrive per sè chi è il lettore del proprio testo? Esiste? E' forse implicito? E' l'altro di noi che vorremmo?

- Con quale scopo scriviamo? Jethro ha citato un intervento di Grossman a che Tempo che fa. E se lo guardassimo e ne parlassimo? Jehtro riesci a recuperare il video online? Posti il link se lo trovi?

- quando scriviamo lo facciamo seguendo il furore o/e un metodo analitico?

Inoltre, vorrei quotare alcune note che mi hanno particolarmente colpita durante la lettura. Ovviamente si tratta semplicemente delle note che hanno stuzzicato le mie corde, niente di più Wink



phos. ha scritto:
Citazione :
una persona vuota sembra piena.

una che adopera la mia stessa divisione °_° Thrice ti amo!


Orbene, il mio pensiero riguardo la scrittura è: libertà. Non dovremmo sentirci costretti a nessun genere, a nessuno stile, ma come diceva Cius riguardo chi le regole le stravolge e le ricrea citando De Luca e Baricco, creare uno stile che parli di noi, che permetta agli altri di riconoscere la paternità di un testo semplicemente leggendolo. Questo è il traguardo dello scrittore, assieme al saper tradurre efficacemente le emozioni in parole. Detto questo, siamo liberi di passare dall'aulico al comune al filosofico all'indeterminato; finchè si tratta della nostra scrittura che comanda noi e non di noi che comandiamo la nostra scrittura. E non s'inganni lo scrittore di riuscire a ingannare un lettore attento: personalmente quando mi accorgo di una poesia nata essenzialmente da "belle parole messe in fila", tanto per fare un esempio, è dichiarazione di guerra. Non bastano le parole a fare il testo, per niente. E non basta l'inchiostro a convincere il lettore critico: come ha detto qualcuno, mai sottovalutare il destinatario delle nostre parole convincendoci d'essere più furbi: se si tratta di quello "giusto", l'aristos per intenderci, chi sa vedere oltre, certe cose le nota subito. E le cestina.

Demetra in Cenere ha scritto:
NonsonoThrice ha scritto:
Demetra in Cenere ha scritto:
Concordo in alcuni punti.
Un iPhone non credo abbia la facoltà di parlare latino, magari può generare proposizioni, ma sconnesse e scevre di senso. Un po' come il simpatico Google Traduttore.
In verità ti dico, sono un'amante spudorata di linguaggio arcaico, ma convengo con te che ogni verba va ragionata. Aggiungo che ho avuto il piacere di conoscere davvero poche persone che, sfoggiando il loro linguaggio elevato, non sono precipitate nel baratro del ridicolo.

Parlano in tutte le lingue ormai, dall'italiano al cinese mandarino, dal greco arcaico al latino...basta scaricare apps adeguate, e in qualunque parte del mondo puoi parlare con qualunque persona in qualunque linguaggio tu voglia. Io al contrario amo i modi di dire, le espressioni colloquiali, le parole vissute, i neologismi, i dialettismi, la mescolanza tra termini antichissimi e altri nuovissimi, le sensazioni, le formule, le emozioni.

Io non scrivo con l'inchiostro, io scrivo col sangue. Ogni parola deve venire dal mio interno, deve essere mia, perchè mie sono le emozioni che essa esprime. La mia carta è la mia pelle. Ogni argomento del quale scrivo è inciso in profondità sulla mia persona. Scorre dentro le vene, come il sangue ribolle. Ecco perchè per me scrivere è molto faticoso, e perchè odio chi parla tanto per parlare. Perchè io per scrivere devo soffrire, perchè ogni mia parola è pesata, sofferta, ascoltata, riascoltata, cancellata, strappata, incisa. Non come quelle che trovi già impresse su cellulosa in un fottuto dizionario di sinonimi e contrari.

"Essere o non essere? Praticare la lingua è il problema!", dico sempre. It can be, ora come ora non sono aggiornata sulle ultime diavolerie partorite dalla tecnologia, ciononostante mi è difficile persuadermi del fatto che un iPhone sia in grado di sostenere un discorso, ti fornisce una parola, ma non credo possa formulare più di qualche frase di senso compiuto. Pò esse che mme sto a sbaglià Laughing, però come dici tu, l'idioma è ricco di "frasi fatte" che hanno fondamento nella storia, e in coso privo di ragione non credo possa davvero arrivare a ciò.

Scrivere per me è viaggiare, varcare i confini della mia stanza ed esplorare un locus amoenus che non è all'esterno, ma che attinge dall'esterno. Non è sempre razionale, ed è in continua evoluzione.

NonsonoThrice ha scritto:
Jethro J. Cohen ha scritto:

Oggi mi stai stupendo Thrice, non ero mai stato tanto d'accordo con te... seppure non ricordi come mi chiamo xD

Ancora questa storia dei nomi? A che servono? you're not your name, you're you. (vedi la mia quote ad alessia, in questo topic, per approfondimenti)

Demetra in Cenere ha scritto:

"Essere o non essere? Praticare la lingua è il problema!", dico sempre. It can be, ora come ora non sono aggiornata sulle ultime diavolerie partorite dalla tecnologia, ciononostante mi è difficile persuadermi del fatto che un iPhone sia in grado di sostenere un discorso, ti fornisce una parola, ma non credo possa formulare più di qualche frase di senso compiuto. Pò esse che mme sto a sbaglià Laughing, però come dici tu, l'idioma è ricco di "frasi fatte" che hanno fondamento nella storia, e in coso privo di ragione non credo possa davvero arrivare a ciò.
Appunto dico, parlare sostenendo un discorso o ragionando lo può fare solo l'uomo, mentre usare paroloni è cosa da tutti.
Non sanno "parlare" ma traducono qualunque cosa, qualunque lingua, quindi non sarebbe facile per me trovare 1000 parole auliche per dire "casa" o "mare", anche senza avere uno straccio di istruzione. Quello che non possono fare, come ho già detto, è parlare ragionando, come noi dovremmo fare; o meglio, usare la parola come mezzo attraverso il quale la mente cerca incessantemente di raggiungere la verità ultima, quindi mi riferisco a "logos" nel senso più eracliteo del termine...

quietriot ha scritto:
Perchè mi accorgo solo ora di questo topi? Mah...

Non indulgere ad arcaismi, hapax legomena o altri lessemi inusitati, nonché deep structures rizomatiche che, per quanto ti appaiano come altrettante epifanie della differenza grammatologica e inviti alla deriva decostruttiva – ma peggio ancora sarebbe se risultassero eccepibili allo scrutinio di chi legga con acribia ecdotica – eccedano comunque le competenze cognitive del destinatario.

Un finalista una volta ha "criticato" un altro racconto finalista perchè aveva utilizzato un lessico troppo aulico per...la sua età! Ha addirittura detto che avrebbe dovuto "svecchiarsi" un po', ma per come la vedo io il linguaggio si adattava totalmente all'argomento e al genere del racconto, non scendo nello specifico per non fare i nomi dei finalisti ancora poi si ooffendono eccetera.
Così come mi sono stati editati dei forestierismi nel mio racconto (atroce delitto per un'esterofila!).
L’italiano (ma questo è un processo comune a molte lingue) accoglie continuamente, e da sempre, parole straniere, che vengono o totalmente assimilate e rese quasi irriconoscibili nel tempo, oppure semplicemente accettate perché d’uso.
Inoltre il dilagare dell’inglese, sopratutto per alcuni argomenti, impone un controllo continuo sulle parole da usare. Persino in francese! Insomma ci hanno sempre insegnato che i francesi se possono trovare il corrispondente nella loro lingua lo trovano (ordinateur=computer, souris=mouse) adesso sta accogliendo termini inglesi nel linguaggio tecnico/economico (parola della mia prof di Inteprrtariato che è francese ed è anche interprete di conferenze). Quindi nella stesura dei nostri testi il problema delle parole straniere non è banale.
parole straniere si, parole straniere no, e come le scrivo?

una citazione può essere fatta sia nella lingua originale (con traduzione in nota), sia in traduzione (con testo originale in nota). La prima soluzione è propria dei testi letterari, la seconda è adatta in tutti gli altri casi, soprattutto nella letteratura scientifica.

indicare il nome personale per estes di qualcuno e sempre nella lingua originale! Non facciamo mica come i libri di mio nonno in cui c'è CARLO DICKENS e GUGLIELMO SHAKESPEARE reduci dalla fascistizzazione

MAI (e questo è un errore comune) utilizzarle al plurale (apparte quando sono già entrate così nella nostra lingua come jeans che non esiste al singolare). Non fatemi sentire/leggere: quel cantante ha molti fanS; quanti filmS hai visto? No...

E viceversa non stranierizzate parole latine! Pronuncia: Mass Midia? No! Mass Inglese Media Latino. Per il Latino VA usato il plurale, Ho inviato un sacco di CURRICULUM? No! Ho inviato un sacco di CURRICULI? Noooo... CURRICULA!

L'italiano è una lingua recettiva, credo che essere eccessivamente puristi (a meno che non lo richieda il tema, il contenuto o il genere) credo sia sbagliato. O almeno così la penso io.

Non sono d'accordo con Demetra che dice di essere cultrice del dizionario e quindi magari mi scrive osculo invece che bacio! Io penso che un vero cultore utilizza parole che ormai sono cadute in disuso come...SCRIMINATURA e non uno che parla per arcaismi!


Ora passando al più recente argomento PC o carta? Beh sarò breve, PC per scrivere direttamente posso cancellare e poi riprendere il tutto, mi stanco meno le mani, sono più veloce, non consumo figlietti sparsi e quaderni. Per quanto riguarda schemi, mappe e appunti carta! Perchè è ciò che trovo più facilmente sottomano



kykeon ha scritto:
Credo che la domanda capitale per ogni scrittore o presunto tale non sia solo: "perché scrivo?", ma "perché voglio scrivere cose che orde di sconosciuti dovranno leggere?".
Rispondere di scrivere per sfogarsi, per fare ordine nel cervello, per piacere, per ricordare, per esorcizzare le proprie paure, è lecito e indiscutibile: ma il tutto può rimanere nello stretto ambito personale, chiuso nel proprio diario nascosto alla vista altrui (ovvio che il giornalismo è un discorso a parte).
Allora perché esporsi con racconti/poesie/romanzi da far leggere agli altri, se la risposta è una delle precedenti? Forse è incompleta.
Che dite?

dalle parti evidenziate in rosso emergono ulteriori questioni: scrittura ed emozioni, cosa ne pensiamo? dove si scrive? dove ci porta la scrittura? cos'è quel logos di cui nonsolothirce parla? esiste davvero? e cosa ne pensiamo delle regole sottolineate da quietriot?

E inoltre vi riporto alcune domande emerse dal topic "Estemporanea di scrittura": cos'è il flusso di coscienza? si scrive sempre seguendo un senso o basta soddisfare una propria sensazione? Scrivere e condividere? Sempre? Perchè non bruciare i propri scritti? Scrivere al computer o su carta? O attraverso quale strumento?

Mi sembra che abbiamo di che parlare Wink

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